Capitolo Dodicesimo: “Flashback”

Ricordi; come un caleidoscopio di sensazioni si affacciavano alla mia mente stanca, sfinita dalla lotta e dalla ricerca; il calore di una giornata di sole, sorrisi, amici e nemici, il rosso del sangue versato, il fuoco, la rabbia e la desolazione. I ricordi galoppavano, più veloci di quanto avessi corso, più svelti di quanto riuscissi a cacciarli dai pensieri.
Il grido di un falco nero mi scostò dai pensieri.
Ora dovevo solo svelarmi a lei.
” La notte ti apparirà accigliata e greve
e le stelle non più occhieggeranno
dai loro alti troni celesti, con luce
di vaghe speranze offerte ai mortali
ma le loro rosse sfere, prive d’ogni raggio,
al tuo languente occhio si mostreranno
come incendio e ardore
che per sempre t’investiranno”.
E.A.Poe
 Ero io stesso notte. Il folle, il fuggiasco immondo e maledetto, il battito fuori dal tempo oltre le epoche; il mistero di ciò che è causa e fine, armonia sofferta e nascosta che si sarebbe rivelata all’amore in un ritmo forsennato. Speranza e disperazione, coraggio e paura come opposti inconciliabili si sarebbero fusi in un assurdo temporale. Come nel giorno in cui mi fusi a lei. Unico testimone il sangue. Sangue, gocce a segnare un cammino, una continuità. Una goccia dopo l’altra; lente, lontane, come precise indicazioni, ostinate inseguitrici e compagne amorevoli, continue in un rivolo che non smetterà mai di scorrere.
Una ferita inflitta, una goccia si affaccia, scorre lungo il braccio seguendone le forme, spostandosi con il vento che cambia, tracciando un percorso diverso dal precedente e dal successivo; un arabesco disegnato dal destino, e che per caso, scivolando piano arrivano alla mano, le quali linee ne fanno da letto e guida. Una sottile scia scarlatta che scorre verso una frazione d’eterno, frantumandosi nell’oblio dell’ultimo salto nel vuoto.
Quel vuoto che, in un giorno d’autunno si riempì di lei. Lei che non aveva nome, ma di cui conoscevo il calore del corpo, l’ansa del suo ventre, il virgineo rossore del volto nel momento in cui le strappai l’imene, la pienezza dei suoi seni candidi, il ritmico incedere del suo respiro avvolto dal piacere. Di lei avevo preso tutto e in lei mi ero riversato come fiume in piena.  L’amai e la condannai. La uccisi e la lasciai andare.

“Flashback-By EmmaVittoria F. Dall’Armellina” ©Copyright2011

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Immagine:Google-EVFDGraphics

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